Intervista a Soren Hermansen, direttore del progetto che ha reso l’isola danese di Samso indipendente energicamente con il solo utilizzo di energie rinnovabili. Secondo Legambiente, il progetto è realizzabile anche in molte isole italiane.

“Rivoluzione” è una parola che va utilizzata con cautela perché capace di provocare timore nell’ascoltatore, ma a volte, è il termine più adatto per descrivere una trasformazione senza precedenti. Il problema risiede nel fatto che le trasformazioni, dalle più piccole alle più grandi, e i cambiamenti dello status quo, causino la destabilizzazione, nel nostro caso, dei cittadini. Tuttavia, se una rivoluzione fosse esattamente quello che manca per passare da una situazione di arretratezza e spreco ad una di sostenibilità ed efficienza, non ne vorremmo far parte? Se avessimo il potenziale per migliorare l’efficienza della nostra nazione a livello energetico, non lo faremmo?

A detta di Soren Hermansen, noi italiani preferiremmo restare legati alle nostre tradizioni.

Hermansen è colui che ha messo in atto una vera e propria rivoluzione energetica nell’isola danese di Samso dal 1998, rendendo quest’ultima indipendente dai combustibili fossili e capace di produrre energia, anche in eccesso, grazie a fonti rinnovabili. Il suo obiettivo era semplice e nel giro di qualche anno, lui e la sua piccola comunità sono riusciti a portarlo a termine. “Piccola” perché Samso è un’isola di 4500 abitanti, lunga 26 chilometri e larga 7, e copre solo 114 chilometri quadrati (1). E’ grazie alle sue dimensioni limitate che è stato possibile lo sviluppo di un forte senso comunitario, primo elemento alla base del successo della rivoluzione energetica. Infatti, la prima delle tre particolarità di questa rivoluzione è che si basa sul concetto di comunità: ogni cittadino partecipa attivamente al cambiamento. Così, i proprietari delle pale eoliche (fonte primaria di energia rinnovabile sull’isola) sono gli abitanti stessi, che si occupano inoltre dei lavori di manutenzione necessari, mettendo a disposizione le loro abilità di artigiani.

Senso comunitario, ma anche appoggio dello stato perché l’avventura è cominciata dopo la vittoria da parte dell’isola di un bando del governo danese che aveva lo scopo di finanziare un progetto capace di ridurre le emissioni di gas serra in una piccola comunità (2 -3). Il terzo tassello che ha permesso la trasformazione è stato la guida di Hermansen, che è passato dall’essere un agricoltore al dirigere la Samso Energy Academy, che ha ora lo scopo di promuovere nel mondo le soluzioni messe in atto nell’isola di Samso (1).

Perciò, ad oggi, il riscaldamento di tutte le abitazioni è totalmente alimentato da quattro impianti, dove avviene la combustione di paglia e scarti del legno, mentre 11 pale eoliche e 10 turbine offshore producono 2,3 MW di energia, rendendo la comunità indipendente (2).

La domanda sorge spontanea: Tutto ciò, non sarebbe potuto avvenire anche in Italia?

E la risposta ci viene data da Legambiente: Sì, ma le nostre isole minori hanno un immenso potenziale non sfruttato. Infatti, Legambiente ha pubblicato nell’Agosto 2017 il dossier Isole sostenibili. Energia, acqua, economia circolare, dove si parla della presenza di tutte le condizioni per realizzare un cambiamento positivo nelle isole minori italiane. Questa rivoluzione potrà però avvenire solo spingendo su tre obiettivi: rimpiazzare l’attuale modello energetico inquinante e costosissimo con uno 100% rinnovabile; realizzare un efficiente sistema di gestione delle risorse idriche e spingere la raccolta differenziata dei rifiuti (favorendo la produzione di compost sulle isole). Tuttavia, a detta di Legambiente, queste trasformazioni necessitano di una cabina di regia nazionale capace di guidare il cambiamento, indirizzando i policy makers locali verso la giusta strada (4). L’esempio di Hermansen e della sua isola, perciò, dà loro ragione: la rivoluzione comincia quando il governo finanzia dei progetti come quello di Samso, ma anche, e soprattutto, quando ci sono una comunità ricettiva e uno o più cittadini che si pongono a capo della trasformazione. Questa credo sia la ricetta tripartita per portare al successo una rivoluzione energetica, ma anche per promuovere, più in generale, altre tipologie di conquiste sociali.

Sottoposta questa mia visione a Soren Hermansen, lui stesso ha suggerito che forse il suo “apporto personale è meno importante” di come io l’abbia descritto. Infatti, quello che conta è la “presenza simultanea di un regista/persona singola e di una comunità/ motore, che voglia e abbia bisogno del cambiamento”.

E come mai, allora non abbiamo avuto anche noi, in una delle nostre isole minori italiane, un “Soren Hermansen” che si ponesse a capo di una simile rivoluzione? “Credo”, ha risposto, “che in Italia la cultura abbia una forte influenza e che sia lo stato stesso ad imporre le decisioni più importanti. Voi avete una connessione più forte con la vostra cultura e con le differenze geografiche del vostro Paese (forse siete addirittura più di un solo Paese?!). Quindi un Hermansen dovrebbe probabilmente creare un movimento rivoluzionario in una cultura che risulta essere abbastanza conservatrice”.

Parlando dell’essere conservatori e della mancata apertura alle novità, credo che la principale paura dei cittadini stia nella possibilità che le pale eoliche e altre strutture per l’energia rinnovabile possano rovinare il paesaggio o disturbare la vita dei cittadini e degli animali. Era così anche a Samso? Apparentemente “No, le principali discussioni sono state su chi fosse il proprietario delle fonti energetiche. Il timore per l’impatto sull’ambiente era presente, ma non preponderante. Forse perché abbiamo speso molto tempo nel visualizzare e nel pianificare il miglior sito di costruzione – questo sembra aver reso le persone più soddisfatte, rispetto ad altri progetti in cui la pianificazione era tenuta segreta dagli investitori.”

Perciò i cittadini sembrano essere contenti di questa rivoluzione: che impatti positivi ci sono stati sulla comunità? E quali negativi? “Ci sono stati un aumento dell’occupazione, una creazione dei posti lavoro, un miglioramento dell’economia locale e la diffusione di una maggiore fiducia nel futuro. Forse quelli negativi possono essere definiti come una presa di coscienza: ovvero, l’acquisizione della consapevolezza che la mancanza di supporto/investimenti possa fermare un’idea vincente, e in secondo luogo, che a volte un gruppo di cittadini legati alle tradizioni possa non far vedere di buon occhio un buon progetto.”

E’ sempre una questione di fondi: come si è finanziata la sua rivoluzione, questa piccola isola della Danimarca? “E’ stato un mix di finanziamenti statali, finanziamenti privati, finanziamenti di progetti e finanziamenti dell’Unione Europea – guadagniamo in maniera significativa anche facendo da consulenti in giro per il mondo, il che ci permette di finanziare (per un terzo) i nostri progetti autonomamente.”

Una particolarità che salta all’occhio a chi analizza la trasformazione energetica avvenuta a Samso è che i mezzi utilizzati per rendere l’isola 100% rinnovabile non sono frutto di una scoperta tecnologica che ha rivoluzionato l’ambito energetico, ma semplicemente, sono state usate fonti di energia rinnovabili già esistenti e collaudate. Significa quindi che il segreto non sta nell’affidarsi alla tecnologia? Magari le soluzioni ai nostri problemi esistono già? “Sì,” risponde in maniera secca, “possiamo cambiare il sistema energetico anche oggi, con la tecnologia esistente. La tecnologia ‘del futuro’ è molto più rischiosa e costosa, e perciò non porterà alcun beneficio alle comunità”.

Per concludere, parliamo ora dell’Italia. Il dossier Isole sostenibili, di Legambiente (Agosto 2017), ha sottolineato come le nostre isole minori abbiano un immenso potenziale per quanto riguarda la produzione di energia rinnovabile (eolica e solare). Tuttavia in questi luoghi si è ancora legati a inquinanti e costose fonti di energia (come il gasolio). Quale sarebbe la scintilla capace di far avvenire la rivoluzione, come nella sua Samso? Semplicemente “La volontà di cambiare. Insieme a degli efficaci investimenti. In molte nazioni avviene il sovvenzionamento dei combustibili fossili per le comunità isolate come le isole. Questo non lascia alcun budget per il cambiamento verso un sistema rinnovabile. Forse un’alta tassa sul CO2 prodotto dai combustibili fossili, come l’abbiamo in Danimarca, potrebbe funzionare anche per l’Italia?”

In conclusione, il potenziale per far avvenire una rivoluzione energetica anche nel nostro territorio c’è: manca però una scintilla. Legambiente ha dimostrato che le nostre 20 isole minori potrebbero essere terreno fertile per una trasformazione che mira ad un futuro sostenibile. Eppure, come anche Hermansen ha notato, dall’altro capo del continente, siamo ancora fossilizzati nel passato e nella comodità dell’abitudine.

di Nicola Blasetti, studente di Politics, International Studies e Global Sustainable Development presso l’University of Warwick

Bibliografia:

(1) Lewis, D. 2017. “Energy positive: how Denmark’s Samso island switched to zero carbon”. The GUARDIAN. Link: http://www.lastampa.it/2017/03/31/scienza/ambiente/focus/samso-modello-danimarca-lecorivoluzione-cooperativa-eWL6SBWckv4gKsDJ2tZ3OJ/pagina.html

(2) Giovannini, R. 2017. “Samso, modello Danimarca: l’ecorivoluzione è cooperative”. LA STAMPA. Link: http://www.lastampa.it/2017/03/31/scienza/ambiente/focus/samso-modello-danimarca-lecorivoluzione-cooperativa-eWL6SBWckv4gKsDJ2tZ3OJ/pagina.html

(3) Blasetti, N. 2017. “Samsø: quando lo sviluppo sostenibile ha successo in un’isola danese”. The Italians Blog. Link: https://theitaliansthinktank.com/the-italians-blog/chiedimi-se-sono-sostenibile/samso-quando-lo-sviluppo-sostenibile-ha-successo-in-unisola-danese/

(4) Legambiente 2017. “Isole sostenibili. Energia, acqua, economia circolare”. Link: https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/isolesostenibilidossierlegambiente2017.doc_.pdf