Un’ importante intervista rilasciata al quotidiano “Il Mattino” del Ministro della Transizione Ecologica. L’intervista è ricca di  spunti molto interessanti per chi ha intuito e capacità di leggere fra le righe, evidenzio in particolare la Sua dichiarazione di essere al servizio del governo e non del M5S; polemica con la quale evidentemente si dichiara in contrasto con le diatribe interne al movimento, che vedono da una parte i difensori del superbonus e di qualsiasi altra manovra a favore della transizione ecologica dall’altra i difensori delle ideologie che costitusicono i paletti e la storia del movimento, fra queste un’opposizione ideologica a qualsiasi idea di condono. Ma tutti hanno capito che il superbonus senza una vera semplificazione riguardante le regolarità urbanistiche, non decollerà mai, un minicondono per gli abusi semplici con oblazioni minime, consentirebbe il rilancio definitivo e vero del superbonus, non come quello del decreto “complicazioni” e farebbe fare un po di cassa ai comuni, soprattutto quelli piccoli che sono in grande difficoltà finanziaria.

Salvatore De Martino

 

L’intervista rilasciata al quetidiano “Il mattino” il giorno 20 luglio 2021 a firma Nando Santonastaso

Ministro Cingolani, giovedì il G20 sull’ambiente a Napoli: è vero che fino a qualche giorno fa non c’era alcuna intesa sul documento finale?«Le difficoltà sono inevitabili, perfino normali perché più ampia è la platea dei partecipanti più si deve lavorare per trovare un accordo risponde Roberto Cingolani, scienziato e da pochi mesi ministro della Transizione ecologica -. Lo si sta facendo anche in queste ore, sono convinto che alla fine si troverà una buona sintesi».Certo, pensare alle scadenze della decarbonizzazione e all’azzeramento delle emissioni da CO2 tra 2030 e 2050 all’indomani dell’accordo dei produttori sul nuovo prezzo del petrolio non sembra un buon viatico «Non è stata una bella notizia, non c’è dubbio. L’ideale sarebbe decarbonizzare tutto subito ma sappiamo bene che questo non è possibile perché bisogna cambiare le infrastrutture, aumentare enormemente la nostra capacità di produrre energia rinnovabile e di conseguenza adeguare interi settori industriali e la mobilità. Non stiamo parlando di mettere su una centrale ma di rivoluzionare un sistema: noi cercheremo di procedere il più rapidamente possibile, ben sapendo che questo è anche un tema di semplificazione e di riforme. Nel frattempo bisogna tenere in piedi la macchina produttiva per sostenere la ripresa e il lavoro. Conciliare le due cose sarà fondamentale in questa fase».Le associazioni e i movimenti ambientalisti, però, contestano il G20: scenderanno in piazza giovedì accusando i Grandi della terra di non affrontare i veri nodi della sostenibilità: hanno torto, secondo lei?«La transizione è inderogabile e credo che su questo ci sia un ampio consenso. Su come raggiungerla le differenze ci sono visto che tutti i Paesi partono da posizioni diverse. Le manifestazioni? Critiche e dissenso servono sempre a migliorare ma attenzione, non si risolve tutto con un corteo. C’è tantissimo lavoro da fare e la materia è così complessa che non basta criticare».Lei ha detto che dopo i cortei i giovani devono studiare«Confermo, lo studio è fondamentale. Al di là dell’ideologia ci sono numeri da far combaciare e a noi tocca semplificare tutte le procedure, a cominciare dalla transizione verso le rinnovabili: stiamo attenti che alla fine su questo fronte ad opporsi non siano quelli che vogliono le rinnovabili. Bisogna essere coerenti ma è giusto che le grandi critiche accompagnino le grandi sfide».Dopo quello che è successo in Germania, Belgio e Olanda la sicurezza ambientale impone scelte condivise, non crede?«Assolutamente sì ma se si pretende di avere la sicurezza e la sostenibilità ambientali in sei mesi risolvendo problemi che durano da secoli credo che sia un po’ difficile ottenerle. Sarà un cammino lungo, in cui peseranno molto la volontà di collaborare e la buona fede di capire la portata dell’impegno che ci attende». A proposito di critiche: una parte della maggioranza di governo, segnatamente il Movimento 5 Stelle, appare deluso dal suo operato. Perché ce l’hanno con lei?«Francamente è un gioco che mi interessa molto poco. Io devo fare quello che mi ha chiesto il governo Draghi e per il quale ho giurato di servire il mio Paese. Mi rendo conto che le scelte che dobbiamo fare, seguendo i parametri internazionali, sono molto complicate: ma ricordo a tutti che la transizione dev’essere giusta e che nessuno va lasciato indietro, com’è stato espressamente detto dalla Commissione europea e dall’Onu. Conciliare la sostenibilità sociale e l’imperativo categorico dell’ambiente è la nostra missione: e sappiamo che sarà difficile. Con un pizzico di onestà intellettuale si deve ammettere che il percorso va fatto discutendo di tutti i passaggi ma che adesso si deve partire per avvicinare i target del 2030 e del 2050. Sul resto, ripeto, non sono nemmeno la persona più adatta per rispondere: io mi occupo di tecniche, ho tanta nostalgia del mio lavoro ed è bene che uno come me stia lontano dai problemi politici».L’accusano di essere più vicino agli interessi delle industrie, c’è persino chi assicura che avrebbe pensato di dimettersi«Mi sembra molto strano. Io ho incontrato tutte le associazioni di categoria, le aziende, ho fatto un tour de force per scrivere il Piano, e non ho mai pensato né detto niente del genere. Sono cose che vanno e vengono, purtroppo abbiamo problemi molto più importanti di cui preoccuparci».Si è pentito di avere detto in un’intervista a La Stampa che la transizione ecologica ci costerà un bagno di sangue?«Non c’è proprio niente da pentirsi. È bene che tutti sappiamo che trasformazioni così grandi mettono in discussione un intero sistema sociale: ecco perché, lo ribadisco, per me è fondamentale che ci sia la protezione delle categorie più deboli, che non vengano danneggiate cioè decine di migliaia di persone che possono perdere il lavoro perché certe transizioni nell’industria si fanno in fretta. Ci sono 9 anni fino al 2030 per evitare che ciò accada e non posso pensare che ci sia qualcuno che non lo condivida. Peraltro, non lo dico io ma la Commissione europea: Un pianeta in salute e una transizione giusta. Ci sarà un motivo per cui i governi e gli organismi che finanziano questo progetto lo affermano, o vogliamo contestare anche questo?». Ma quando avremo finalmente una bolletta energetica meno pesante per le tasche degli italiani?«Quanto prima riusciremo ad aumentare la produzione dalle rinnovabili tanto prima riusciremo a liberarci dai costi della CO2 prodotta. Ma non basta dire lo vogliamo: i cittadini non devono arrivare al punto da considerare antipatica la transizione ecologica perché sta creando loro dei problemi. Tutti devono capire che è importante farla, che non è ritardabile ma anche che ci devono mettere qualcosa di proprio perché si faccia il più presto possibile».Trecento progetti per la transizione green nel Pnrr fino al 2026: quali i più immediati?«Siamo già molto avanti, abbiamo una lista di una ventina di interventi che possono partire entro agosto. Riguarderanno tra gli altri le isole minori, il Po, le aste per le rinnovabili che sono una delle cose più urgenti. E sono pronti anche i primi bandi per l’economia circolare e la costruzione di nuovi impianti. Alcune cose le faremo direttamente noi, altre insieme alle Regioni».Il Mezzogiorno ha quote assai maggioritarie nella produzione di energia da fotovoltaico ed eolico: ma poi come si traduce questo primato in sviluppo dei territori?«Quando ci sarà questa frazione elevatissima di rinnovabili, che sfrutterà proprio le caratteristiche dei territori meridionali, sono convinto che arriveranno importanti vantaggi anche in ambito locale. La crescita delle rinnovabili influirà per esempio sulla rete che deve diventare smart in tutti i territori, e non ho alcun dubbio che sarà un volano di sviluppo per il Sud e per il Paese»