Un editoriale di Italy Carbon Free a cura di Salvatore De Martino

Noi di Italy Carbon Free parliamo di innalzamento del mare da anni, spesso fra scetticismi e minimizzazioni. Nel 2020, lavorando su Procida, confrontammo le immagini delle spiagge rese celebri dal cinema: la lingua di sabbia “del Postino” era visibilmente arretrata, mentre a Salina il litorale del set non c’era più. Fu il nostro primo allarme pubblico: se continuiamo così, a fine secolo con un metro di incremento del livello marino certe spiagge spariranno del tutto. Quell’introduzione è diventata l’apertura delle presentazioni che portiamo nei Comuni: non folclore, ma dati e confronto fotografico sul campo.
Oggi gli eventi ci danno ragione in modo brutale. Tuvalu – nove isolotti nel Pacifico con un’altitudine media di appena due metri – è il primo Paese al mondo a rischio “sparizione” fisica. Non è uno slogan: l’innalzamento del mare sta già erodendo terre, fonti d’acqua e abitazioni, costringendo la popolazione a pianificare il trasferimento.
Dal gesto simbolo alla migrazione reale. Nel 2021, alla COP26 di Glasgow, il ministro degli Esteri Simon Kofe parlò in video immerso fino alle ginocchia nell’oceano: “We are sinking”. Quel gesto – che citiamo spesso nelle nostre presentazioni – non era teatro: oggi è cronaca. L’Australia ha istituito il Falepili Union Treaty, che prevede fino a 280 visti permanenti all’anno specifici per motivi climatici, aprendo di fatto la prima migrazione di massa pianificata da uno Stato sovrano a causa del clima.
Parallelamente Tuvalu tenta di resistere con opere di difesa costiera e rialzi del terreno, piani di adattamento di lungo periodo e persino l’idea di una “nazione digitale” per conservare identità e diritti quando le isole non saranno più abitabili. Ma è chiaro a tutti: sono misure-tampone, mentre la causa – le emissioni – continua a crescere.
Non è (solo) Tuvalu: è il nostro futuro costiero. Gli scienziati ricordano che entro metà secolo centinaia di milioni di persone vivranno in aree a rischio sommersione periodica, con impatti su sicurezza, agricoltura ed economie locali, Mediterraneo incluso.


Per questo, quando nei Comuni italiani raccontiamo Procida, Salina e l’ipotesi “di un metro” traducendola in 15–20 metri di arretramento sulle spiagge a bassa pendenza, non facciamo catastrofismo: colleghiamo il locale al globale e proponiamo piani di adattamento e, soprattutto, di mitigazione — fotovoltaico diffuso, comunità energetiche, efficienza degli edifici, idrogeno verde — cioè riduzione reale della domanda di fossili.
Nel 2020, con l’allora “Procida Carbon Free”, portammo prove fotografiche e un messaggio semplice: le coste arretrano, gli eventi estremi accelerano, i Comuni devono agire adesso. Da quell’esperienza è nata Italy Carbon Free APS e un metodo che oggi offriamo ai territori: analisi dati, piani tecnici e finanziari, CER con regia pubblica, sportelli energia, cronoprogrammi quinquennali. Non ideologia: cantieri, investimenti, occupazione e riduzione bollette.

Un avvertimento netto a chi nega. A chi continua a credere alle fandonie del negazionismo climatico rilanciate da Donald Trump e ripetute papagallescamente da Giorgia Meloni e da esponenti del Governo italiano nelle loro dichiarazioni e, peggio, nelle scelte che rallentano la transizione, diciamo questo: Tuvalu non è un meme, è un Paese che si sta svuotando. Le nostre spiagge che arretrano non sono suggestioni: sono i primi centimetri della stessa marea. Chi oggi minimizza sta scegliendo consapevolmente più alluvioni, più siccità, più spesa pubblica, più conflitti e meno futuro.
Noi continueremo a lavorare con i Comuni, con le imprese e con i cittadini per tagliare emissioni, accelerare le rinnovabili, costruire comunità energetiche e difese intelligenti. Ma diciamolo senza giri di parole: serve una linea nazionale coerente con l’urgenza scientifica, non una politica che strizza l’occhio al passato. È tempo di smettere di discutere se l’acqua sta salendo e iniziare — tutti — ad abbassarla. Tuvalu ci sta dicendo come finisce, se non cambiamo rotta.
Fonti e materiali
• Cecilia Seppia, “Tuvalu, il primo Paese al mondo a rischio sparizione. Iniziata la migrazione di massa”, Vatican News, 18 luglio 2025. (versione consultata in PDF)
• Presentazioni e materiali interni di Italy Carbon Free APS – progetto Presentazione ai Comuni (2024–2025): confronto fotografico su arretramento spiagge Procida/Salina e slide introduttive sul caso Tuvalu/COP26.


